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Visualizzazione dei post da marzo, 2018

Mie Marche

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Foto fonte Internet Non ti conosco mai abbastanza mia terra gentile. Eppure sollevi il mio sguardo ai tuoi articolati misteri. Non si esaurisce l’incanto di viaggi ideali e reali nelle multiformi espressioni del tuo volto. Ti plasmano il tempo, gli elementi e chi ti abita, semidea ferita e mai piegata. Non neghi di te i variopinti tesori. Ed io posso solo cantare per te, gioire vorticosa come in un ebbro Bolero. Confondo in me acque, colori, altezze, golosità e genialità. Angelica e demonica mi mescolo alle tue zolle trasudanti aromi di brezze insinuanti. Alessandra Gabbanelli

L'uomo del coniglio

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Bozzetto di Mary Napoleoni Ci sono opere che ti lasciano addosso qualcosa di indefinito che ti risuona nei giorni successivi e germoglia in forme inaspettate. E’ questo il caso de “L’uomo del coniglio”, monologo della drammaturga uruguaiana Ana Magnabosco (traduzione di Monica Menosse Hutton), proposto in prima assoluta il 24 e 25 febbraio 2018 al Teatro Nuovo di Capodarco di Fermo. L’attore Gianluca Marinangeli, che cura anche la regia, trova una cifra interpretativa intensa, misurata, densa, efficacissima nel dare corpo al protagonista Catalino. La sua presenza scenica, i gesti, i silenzi, i sorrisi, la modulazione della voce ci restituiscono un personaggio sfaccettato, ironico, poetico, umanissimo. Egli, licenziato dalla fabbrica dove lavorava, vive in una povera stanza e si rivolge al suo amico Peppino che non vediamo cercando di convincerlo a rimettersi in gioco e a prendersi cura di un coniglio che potrà essere il primo di un piccolo allevamento. Cerca poi di coinvolge

Mare intorno

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Foto fonte Internet: Katsushika Hokusai "La grande onda di Kanagawa" Galleggerò anche in violenta tempesta. Mi illuderò di annullare la forza potente che mi àncora alla riva. Annegherò più e più volte fino ad esserne esausta e tornerò alla luce con avido respiro. Piccoli aculei minacciosi apriranno ferite brucianti sulla pelle. Mi aggrapperò ai tuoi occhi nelle pieghe della mente, arabeschi fluttuanti di materia incandescente, iridi d’acqua che si tuffano nel mare intorno a me e, simili a specchi fatati, riflettono remoti boschi brulicanti di vita, cieli maestosi che ubriacano d’immensità. In bocca sapori salmastri di troppi forse, di troppe domande. Ricordi e sogni si rincorrono in improvvisati equilibri. Come impetuose maree sotterranee carezze scompongono e ricompongono mosaici di mutevoli esistenze. Alessandra Gabbanelli