Carmen
Luglio 2012
Assistendo
a "Carmen" del 15 Luglio, mi è venuta in mente qualche
considerazione sui personaggi che gli ottimi interpreti mi hanno ispirato
e che ho voglia di condividere.
In questa intensa serata, dramma, festa, Eros e Pathos si sono alternati e
mescolati. Con pochi e sapienti elementi scenici e con la consueta perizia
del M° Riccardo Serenelli si è riusciti, anche questa volta, a restituire
l'essenza di "Carmen".
Francesca Ruospo, nel ruolo della protagonista, tratteggia una figura di
donna volubile, vitale, dionisiaca. Incarna perfettamente la forza
perturbante di Eros e l'intima consapevolezza del pericolo di poter
pagare a caro prezzo il coraggio di seguire la propria natura dissonante rispetto
a un ordine culturale che, forse sempre uguale a se stesso, predilige
l'ubbidiente mediocrità e tende a fagocitare o a espellere gli elementi
non allineati. Il presagio di morte accompagna i suoi gesti misurati e
sensuali e neanche la mano del fato ha il potere di farle abbassare lo
sguardo.
Davvero molto efficace Ferruccio Finetti nel presentare Escamillo come una
specie di divo popolare, tronfio e piazzista di se stesso, eroe delle
folle come può esserlo chi, da una posizione privilegiata, si diverte a
torturare e uccidere un toro in un'arena. Mi piace pensare che Carmen,
se le si fosse permesso di vivere, si sarebbe presto stancata anche di lui.
Stupenda la Micaela di Hiroko Morita che, con squisita sensibilità
artistica, ci fa indovinare la sofferenza interiore di questa ragazza che
ha dentro di sé quella forza, quelle risorse che potrebbero renderla più
libera. L'intensità della musica che la caratterizza ne è la prova.
Tuttavia non è capace di affrancarsi dalle convenzioni familiari, dalle
imposizioni chiesastiche, dal cosiddetto buon senso e ne rimane
prigioniera. Ella è come brace che, soffocata dalla cenere, non riesce a
divenire fiamma.
Dario Di Vietri è bravissimo nel proporre un Don José complesso, dai
tratti policromi. In apparenza è sicuro di sé e delle proprie scelte ma
l'incontro con Carmen, forse per la prima volta, lo mette di fronte a
quelle forze primordiali e potenti che lo abitano e che nessuna norma,
nessuna volontà di controllo possono imbrigliare. Si lascia avvolgere
dalle attenzioni di Carmen, per lei sembra voltare le spalle alla sua vita
ordinaria. Non è però in grado di accettare del tutto questo suo nuovo
volto e la vulnerabilità che comporta. Così la fragilità prende il
sopravvento e la passione si trasforma in volontà di possedere e di
dominare ciò che per natura è inafferrabile, per sfociare infine in pura
distruttività. Don José non uccide soltanto l'oggetto sfuggente della
sua ossessione amorosa, soprattutto infrange lo specchio della sua
inadeguatezza.
considerazione sui personaggi che gli ottimi interpreti mi hanno ispirato
e che ho voglia di condividere.
In questa intensa serata, dramma, festa, Eros e Pathos si sono alternati e
mescolati. Con pochi e sapienti elementi scenici e con la consueta perizia
del M° Riccardo Serenelli si è riusciti, anche questa volta, a restituire
l'essenza di "Carmen".
Francesca Ruospo, nel ruolo della protagonista, tratteggia una figura di
donna volubile, vitale, dionisiaca. Incarna perfettamente la forza
perturbante di Eros e l'intima consapevolezza del pericolo di poter
pagare a caro prezzo il coraggio di seguire la propria natura dissonante rispetto
a un ordine culturale che, forse sempre uguale a se stesso, predilige
l'ubbidiente mediocrità e tende a fagocitare o a espellere gli elementi
non allineati. Il presagio di morte accompagna i suoi gesti misurati e
sensuali e neanche la mano del fato ha il potere di farle abbassare lo
sguardo.
Davvero molto efficace Ferruccio Finetti nel presentare Escamillo come una
specie di divo popolare, tronfio e piazzista di se stesso, eroe delle
folle come può esserlo chi, da una posizione privilegiata, si diverte a
torturare e uccidere un toro in un'arena. Mi piace pensare che Carmen,
se le si fosse permesso di vivere, si sarebbe presto stancata anche di lui.
Stupenda la Micaela di Hiroko Morita che, con squisita sensibilità
artistica, ci fa indovinare la sofferenza interiore di questa ragazza che
ha dentro di sé quella forza, quelle risorse che potrebbero renderla più
libera. L'intensità della musica che la caratterizza ne è la prova.
Tuttavia non è capace di affrancarsi dalle convenzioni familiari, dalle
imposizioni chiesastiche, dal cosiddetto buon senso e ne rimane
prigioniera. Ella è come brace che, soffocata dalla cenere, non riesce a
divenire fiamma.
Dario Di Vietri è bravissimo nel proporre un Don José complesso, dai
tratti policromi. In apparenza è sicuro di sé e delle proprie scelte ma
l'incontro con Carmen, forse per la prima volta, lo mette di fronte a
quelle forze primordiali e potenti che lo abitano e che nessuna norma,
nessuna volontà di controllo possono imbrigliare. Si lascia avvolgere
dalle attenzioni di Carmen, per lei sembra voltare le spalle alla sua vita
ordinaria. Non è però in grado di accettare del tutto questo suo nuovo
volto e la vulnerabilità che comporta. Così la fragilità prende il
sopravvento e la passione si trasforma in volontà di possedere e di
dominare ciò che per natura è inafferrabile, per sfociare infine in pura
distruttività. Don José non uccide soltanto l'oggetto sfuggente della
sua ossessione amorosa, soprattutto infrange lo specchio della sua
inadeguatezza.
Alessandra Gabbanelli
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