La sindrome del terzo panino
LA SINDROME DEL TERZO PANINO
Monologo
teatrale scritto, diretto e interpretato da Gianluca Marinangeli
“La sindrome del terzo panino” potresti ascoltarlo più di
una volta, e ogni volta sarebbe un’esperienza diversa, diverse sarebbero le
sensazioni, diverse le reazioni, diverse le risate.
Un monologo che è materia dinamica di ricordi autobiografici
e brillanti invenzioni, strutturalmente aperto a nuove spassosissime trovate,
sapientemente calibrato nel suo essere semiserio e semicomico.
Tra ironia, riflessione e battute folgoranti, assistiamo
alla nascita, alle avventure e disavventure rocambolesche di un bambino che si
fa adolescente e poi uomo, ma senza riuscire a plasmare la propria personalità,
finché un evento inatteso, pur nella sua drammaticità, segnerà uno spartiacque,
una svolta definitiva, costituirà uno slancio verso l’inesplorato.
E in chi ascolta, persino qualche lacrima trova posto tra le
risate che si liberano, complice il tocco dell’autore, delicato e autoironico,
degno della migliore tradizione teatrale, tanto che alla fine avresti voglia di
ascoltare ancora, di ridere ancora, di riflettere ancora.
Ognuno di noi, specialmente nei momenti di crisi, cerca di
reperire un senso, un qualche perché a ciò che sembra non averne.
Perché sono nato qui? Perché sono incappato in certi
rapporti? Perché proprio a me?
Ma forse nessuno, per quanto saggio, potrà giungere ad una
risposta definitiva.
Tutto quello che possiamo fare è impegnarci a trarre il
meglio da ciò che ci accade.
La vita è spesso indeterminata, a volte imprevedibile, a
volte beffarda, ma sta a noi incidere le lettere che formeranno la nostra
storia, soltanto noi possiamo liberare le nostre passioni dal giogo
dell’approvazione e aprirci al coraggio del cambiamento, alla gioia malgrado i
torti che possiamo subire da chi ci appare forte, ma in realtà nasconde una
radicale debolezza.
Non illudiamoci troppo. I momenti bui si ripresenteranno di
tanto in tanto, ma non qui, non adesso.
Oggi lasciamo spazio al bambino vivace e un po’ sfrontato
che ci abita.
Egli desidera prenderci per mano, assestare un bel calcio ad
alibi, rivalse, blocchi e frustrazioni, e colorarci il viso con le sue dita
taumaturgiche.
Alessandra Gabbanelli
Commenti
Posta un commento