Tosca
Foto fonte Internet
Gennaio 2013
Serata
di grande qualità artistica quella di "Tosca" dell'11
Gennaio a Palazzo Camozzini (Verona).
L'allestimento è, come sempre, puntuale e di essenziale buongusto.
Il M° Riccardo Serenelli e i tre ottimi cantanti ci conducono attraverso la
vicenda interpretando la musica di Puccini con notevole perizia tecnica,
fedeltà allo spirito dell'Opera e intensità emotiva.
Il Baritono Giulio Boschetti non si limita a interpretare il ruolo di
Scarpia, si può dire che riesce ad incarnarlo, grazie a un sapiente uso
dello sguardo, della mimica, del fraseggio.
La musica del "Te Deum" disegna la trama criminale di Scarpia
come una spirale di torbida voluttà in cui anche lo spettatore viene avviluppato.
Ci si sente quasi attratti magneticamente dalla sua divorante sensualità,
dal cinismo portato fino alla blasfemia. Grazie al carisma vocale e
scenico di Giulio Boschetti, lo spettatore è rapito dalla nera forza del
personaggio e se ne ritrae appena in tempo, prima di rimanerne quasi
sedotto. Ma una traccia permane, proprio come la sua presenza continuerà
ad aleggiare sinistra anche dopo la sua uccisione, fino alla fine della
vicenda. Scarpia sceglie lucidamente la sua condotta, è fermo nel suo
agire, non ha inquietudini o ripensamenti. Proprio per questo la sua
malvagità contiene una seppur criminale grandezza. Anche la morbosa
passione per Tosca non lo fa vacillare ma diviene anzi motore di un agire
pianificato. Il suo ruolo istituzionale non è altro che una facciata per
l'esercizio del potere inteso come mezzo distruttivo per il
raggiungimento dei suoi personali obiettivi.
Floria Tosca e Mario Cavaradossi sono anch'essi "incarnati"
dal Soprano Francesca Ruospo e dal Tenore Dario Di Vietri che, grazie a notevoli doti
vocali e attoriali, diventano i rispettivi personaggi e fanno risuonare
dentro di noi il loro temperamento, il coraggio, l'ironia, il trasporto
amoroso, la tragedia che si abbatte sulle loro vite. Entrambi i personaggi
sono puri nel sentire e nell'agire. Le loro esistenze sono colme di
passione: passione per l'arte, passione per la giustizia, passione che
unisce i loro esseri in un sentimento che nulla può scalfire e che dà loro
la linfa per non piegarsi ai soprusi, grazie alla consapevolezza che sono
insieme e perenne sostegno l'uno per l'altra. Nel duetto del primo atto ("Mario, Mario", "Qual occhio al mondo"), interpretato magistralmente, la
musica di Puccini ci trasporta nelle pieghe di questo amore. Sensualità,
ironia, dolce malizia, leggerezza e profondità si intrecciano in melodie
che accarezzano e riscaldano. E i caratteri dei due innamorati iniziano ad
emergere per poi svilupparsi lungo la vicenda. Il "Vittoria" di
Cavaradossi (secondo atto) è espressione di nobile coraggio, di sfida, ma
anche di impulsivo sprezzo del pericolo della morte a cui di fatto si
condanna. Strepitoso il SI BEMOLLE di Dario Di Vietri, tenuto per ben 14
secondi, proprio come il grandissimo Franco Corelli nella recita del 1961
al Teatro Regio di Parma, nel pieno della sua maturità artistica (40
anni). Una lezione di intensità e buongusto è poi l'interpretazione di "E lucevan le stelle". Ci sembra di vedere la luce della notte, di avvertire
il profumo della terra, di udire i lievi passi di Tosca che si avvicina e
si abbandona all'abbraccio dell'amato. E tutta la vita di Mario si
rispecchia intera nelle belle forme di Floria. Non possono esserci un viso
e un corpo pari a quelli di Tosca, e tutto il mondo di Mario, ogni sua
gioia, ogni suo sogno sono in essi, proprio perché guardati con gli occhi
dell'amore. E struggente è il suo ricordo e virilmente disperato il suo
addio alla vita.
Francesca Ruospo esprime con grande personalità i moti interiori della
protagonista, i fantasmi che si agitano nel suo animo e che ne
costituiscono la forza ma anche la vulnerabilità. Tosca è fuoco, dolcezza,
passione per l'arte e per il suo uomo, fede schietta e solo
apparentemente formale, proprio perché meccanismo di equilibrio con la sua propensione all'autodeterminazione. Scarpia si insinua nelle sue inquietudini e fa
leva sulla sua gelosia amorosa trasformandola in causa di sventura. Tosca non
si piega al potente ed è pronta a sporcare di sangue le sue candide mani.
E non si piega neanche di fronte alla divinità. Stupenda
l'interpretazione di "Vissi d'arte", non preghiera ma rimprovero accorato ad un
Dio che diviene interlocutore quasi alla pari. Nell'invettiva finale "O Scarpia, avanti a Dio", prima del suicidio, Tosca si trasforma in una sorta di Pubblico Ministero che accuserà il carnefice di fronte alla Corte divina.
Gennaio a Palazzo Camozzini (Verona).
L'allestimento è, come sempre, puntuale e di essenziale buongusto.
Il M° Riccardo Serenelli e i tre ottimi cantanti ci conducono attraverso la
vicenda interpretando la musica di Puccini con notevole perizia tecnica,
fedeltà allo spirito dell'Opera e intensità emotiva.
Il Baritono Giulio Boschetti non si limita a interpretare il ruolo di
Scarpia, si può dire che riesce ad incarnarlo, grazie a un sapiente uso
dello sguardo, della mimica, del fraseggio.
La musica del "Te Deum" disegna la trama criminale di Scarpia
come una spirale di torbida voluttà in cui anche lo spettatore viene avviluppato.
Ci si sente quasi attratti magneticamente dalla sua divorante sensualità,
dal cinismo portato fino alla blasfemia. Grazie al carisma vocale e
scenico di Giulio Boschetti, lo spettatore è rapito dalla nera forza del
personaggio e se ne ritrae appena in tempo, prima di rimanerne quasi
sedotto. Ma una traccia permane, proprio come la sua presenza continuerà
ad aleggiare sinistra anche dopo la sua uccisione, fino alla fine della
vicenda. Scarpia sceglie lucidamente la sua condotta, è fermo nel suo
agire, non ha inquietudini o ripensamenti. Proprio per questo la sua
malvagità contiene una seppur criminale grandezza. Anche la morbosa
passione per Tosca non lo fa vacillare ma diviene anzi motore di un agire
pianificato. Il suo ruolo istituzionale non è altro che una facciata per
l'esercizio del potere inteso come mezzo distruttivo per il
raggiungimento dei suoi personali obiettivi.
Floria Tosca e Mario Cavaradossi sono anch'essi "incarnati"
dal Soprano Francesca Ruospo e dal Tenore Dario Di Vietri che, grazie a notevoli doti
vocali e attoriali, diventano i rispettivi personaggi e fanno risuonare
dentro di noi il loro temperamento, il coraggio, l'ironia, il trasporto
amoroso, la tragedia che si abbatte sulle loro vite. Entrambi i personaggi
sono puri nel sentire e nell'agire. Le loro esistenze sono colme di
passione: passione per l'arte, passione per la giustizia, passione che
unisce i loro esseri in un sentimento che nulla può scalfire e che dà loro
la linfa per non piegarsi ai soprusi, grazie alla consapevolezza che sono
insieme e perenne sostegno l'uno per l'altra. Nel duetto del primo atto ("Mario, Mario", "Qual occhio al mondo"), interpretato magistralmente, la
musica di Puccini ci trasporta nelle pieghe di questo amore. Sensualità,
ironia, dolce malizia, leggerezza e profondità si intrecciano in melodie
che accarezzano e riscaldano. E i caratteri dei due innamorati iniziano ad
emergere per poi svilupparsi lungo la vicenda. Il "Vittoria" di
Cavaradossi (secondo atto) è espressione di nobile coraggio, di sfida, ma
anche di impulsivo sprezzo del pericolo della morte a cui di fatto si
condanna. Strepitoso il SI BEMOLLE di Dario Di Vietri, tenuto per ben 14
secondi, proprio come il grandissimo Franco Corelli nella recita del 1961
al Teatro Regio di Parma, nel pieno della sua maturità artistica (40
anni). Una lezione di intensità e buongusto è poi l'interpretazione di "E lucevan le stelle". Ci sembra di vedere la luce della notte, di avvertire
il profumo della terra, di udire i lievi passi di Tosca che si avvicina e
si abbandona all'abbraccio dell'amato. E tutta la vita di Mario si
rispecchia intera nelle belle forme di Floria. Non possono esserci un viso
e un corpo pari a quelli di Tosca, e tutto il mondo di Mario, ogni sua
gioia, ogni suo sogno sono in essi, proprio perché guardati con gli occhi
dell'amore. E struggente è il suo ricordo e virilmente disperato il suo
addio alla vita.
Francesca Ruospo esprime con grande personalità i moti interiori della
protagonista, i fantasmi che si agitano nel suo animo e che ne
costituiscono la forza ma anche la vulnerabilità. Tosca è fuoco, dolcezza,
passione per l'arte e per il suo uomo, fede schietta e solo
apparentemente formale, proprio perché meccanismo di equilibrio con la sua propensione all'autodeterminazione. Scarpia si insinua nelle sue inquietudini e fa
leva sulla sua gelosia amorosa trasformandola in causa di sventura. Tosca non
si piega al potente ed è pronta a sporcare di sangue le sue candide mani.
E non si piega neanche di fronte alla divinità. Stupenda
l'interpretazione di "Vissi d'arte", non preghiera ma rimprovero accorato ad un
Dio che diviene interlocutore quasi alla pari. Nell'invettiva finale "O Scarpia, avanti a Dio", prima del suicidio, Tosca si trasforma in una sorta di Pubblico Ministero che accuserà il carnefice di fronte alla Corte divina.
Alessandra
Gabbanelli
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