Una poetessa del 1500: Gaspara Stampa
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Nata a
Padova nel 1523 da famiglia milanese, avendo perduto il padre in tenera età, si
stabilì a Venezia con la madre, la sorella e il fratello Baldassarre, anch'egli
poeta. Amando il canto e la musica, la vita libera ed elegante, strinse
relazioni con artisti, letterati e nobiluomini. La relazione con il Conte
Collaltino di Collalto durò tre anni e le ispirò molte delle sue più belle rime
che compongono il “Canzoniere”. Abbandonata dal Collalto, ebbe altri amanti tra
cui Bartolomeo Zen. La morte a soli trentuno anni della scrittrice ha
contribuito a creare intorno a lei un’aura romanzesca carica di passionalità e
drammaticità tanto da definirla una nuova Saffo. Se consideriamo la sua vita
inserita nel costume rinascimentale, tra mondanità ed eleganza, la sua poesia
può essere letta come effusione di un’anima sensibile, senza troppe
complicazioni psicologiche e stilistiche, e un poco propensa a qualche
civetteria femminile. Il Conte di Collalto non corrispose mai con eccessivo
calore ai trasporti della donna. Visse
infatti spesso lontano da lei in Francia e spesso la lasciò per visitare i suoi
feudi, finché non scelse di sposare una nobile. Tra la vita privata e la poesia
di ANASSILLA, come si faceva chiamare (da ANAXUS, nome latino del Piave che
bagnava le terre del Conte), vi è uno stretto rapporto. Dalla professione
stessa di musicista infatti, l’autrice ebbe l’impulso a scrivere melodicamente
la sua lirica amorosa, con la grazia e la musicalità dei componimenti popolari.
Nel suo Canzoniere un posto notevole è occupato dai madrigali dove meglio
riconosciamo il virtuosismo melodico, la parola trasformata in sospiro. Ecco
alcuni versi esemplari sul tema Amore e Morte:
“L’empio tuo
strale, Amore,
è più crudo
e più forte
assai che
quel di Morte;
ché per
Morte una volta sol si more,
e tu col tuo
colpire
uccidi
mille, e non si può morire.
Dunque,
Amore, è men male
la morte che
‘l tuo strale.”
Le sue
liriche quindi sembrano destinate ad essere musicate. Nella vita della poetessa
si intercalano momenti di gioia sublime in cui ella è presa da un insaziabile
desiderio di godere indicibilmente della presenza dell’amato e momenti di acuto
dolore per la lontananza e il tradimento dell’uomo che ama, tanto da essere
spinta a desiderare la morte. Mentre l’amato è lontano, ella ricorda le notti e
i giorni trascorsi nella felicità ed esprime il tormento che le arreca la
gelosia, arrivando a dare un consiglio alle altre donne innamorate: “Prendano
esempio l’altre che verranno a non mandar tant’oltra i disir sui, che ritrar
non si possan dall’inganno.” Quando Gaspara Stampa ruppe la relazione con il
Conte, si innamorò di Bartolomeo Zen e, quasi sicuramente, è dedicato a lui il
sonetto che contiene la frase “Viver ardendo e non sentire il male.” Tale verso
piacque tanto a Gabriele D’Annunzio che lo citò nel “Fuoco”. Questa confessione
del nuovo amore è piena di languore e tenerezza, note queste che ritroviamo
persino nelle rime di pentimento che chiudono il Canzoniere. La preghiera a Dio
è un po’ un abbandono alla volontà di un Amante che non può tradire:
“Tu volesti
per noi, Signor morire,
tu
ricomprasti tutto il seme umano,
dolce
Signore, non mi lasciar perire.”
Alessandra
Gabbanelli
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